Attacchi gratuiti Un linguaggio francamente insopportabile La polemica da parte di una forza politica nei confronti del Capo dello Stato è genericamente impropria. Il Capo dello Stato rappresenta l’unità nazionale e non ha responsabilità nei confronti del processo politico in corso. Tralasciamo pure il fatto che il Capo dello Stato è il vertice della forma repubblicana, comprende dunque il superamento stesso della monarchia quale l’Italia aveva conosciuto dall’inizio del suo processo nazionale e tutto questo comporta dei simboli da mantenere cari. E’ chiaro che oggi siamo arrivati ad un passo da una frattura della vita democratica e dello stesso significato storico dell’esperienza repubblicana. Si è avviata una dinamica di scasso istituzionale e costituzionale che rischia di arrivare alle estreme conseguenze. La polemica che il Movimento 5 stelle aveva avviato nei confronti del Quirinale fin dall’inizio della legislatura, ci era parsa principalmente politica, ovvero dettata dall’evidenza che la candidatura di Napolitano aveva rappresentato il primo smacco subito da Grillo, il quale aveva proposto al Quirinale l’esimio professor Rodotà, e che forse avrebbe potuto gradire, ma non far votare, il professor Prodi. Fra alti e bassi, Grillo era arrivato persino a minacciare l’impeachment, tanto da temere che non sappia bene di cosa si trattasse. Andava comunque apprezzato Casaleggio che ancora di recente aveva come archiviato tale ipotesi, probabilmente comprendendo quanto fosse controproducente. Basterebbe il ricordo di Achille Occhetto e la richiesta di impeachment contro Cossiga, per consigliare altre iniziative. Siamo rimasti impietriti quando abbiamo sentito un giovane deputato di quel movimento chiamare "boia" Napolitano. Premesso che non si capisce bene quale complicità deterrebbe il Capo dello Stato nei confronti del testo di riforma di legge elettorale in elaborazione, per proprie funzioni il Capo dello Stato, non ha nessuna competenza sul processo di riforma elettorale in corso, e almeno fino a quando non controfirma un testo di legge a riguardo presentato dal governo, non è nemmeno parte in causa. Se fossimo amanti degli scenari retrospettivi non vedremmo nemmeno come Napolitano possa svolgere un ruolo attivo in un’intesa fra Renzi e Berlusconi, quando semmai lui ha tutelato, come suo dovere istituzionale, la soluzione parlamentare che comporta l’intesa di governo fra Renzi ed Alfano. Al netto di tutte queste considerazioni è il termine impiegato - "boia" . ad impressionare. Il linguaggio usato in politica ha sempre una valenza culturale, tanto che spesso è stato difficile giustificare quello impiegato in passato dal senatore Bossi. Possiamo riconoscere che il "vaffa" di Grillo, per quanto volgare sia, assuma un sapore liberatorio. In fondo, il desiderio di mandare a quel paese tutto un sistema, è sia comune a più di un cittadino. Parlare di "boia" è un’altra cosa, non ha nulla di liberatorio, semmai di terroristico. E questo pretende un’analisi più minuziosa, di quanto sia stato ancora fatto, sul personale politico che Grillo e Casaleggio hanno scelto di mandare in Parlamento, anche per capire meglio chi siano Grillo e Casaleggio. |